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Fermo biologico della pesca: una scelta etica e sostenibile sufficiente?

Posted by Fabio Tesauro on
Fermo biologico della pesca: una scelta etica e sostenibile sufficiente?

La pesca in mare è un’attività intensiva, ma assolutamente essenziale per la dieta delle società umane, in quanto il pesce è uno degli alimenti più consumati al mondo; è però altrettanto importante regolare la pesca e salvaguardare il mare, per evitare che questa diventi insostenibile dal punto di vista biologico per le creature marine e anche deleteria per la fauna ittica, che è a rischio di estinzione.

Cos'è il fermo biologico della pesca?

Il fermo biologico della pesca, che è chiamato anche arresto temporaneo della pesca, è uno strumento che si adopera in Italia, nei mari Tirreno ed Adriatico, per un numero di giorni ogni anno. Questa tecnica di conservazione è atta e necessaria a tutelare il mare, la sua salute e le specie acquatiche che vivono al suo interno e dura dai 42 ai 45 giorni. Si ferma la pesca intensiva, ovvero quella fatta da grandi imbarcazioni che usano attrezzi trainanti detti anche estensivi, tra i mesi di luglio/agosto e settembre/ottobre, al fine di permettere l’accoppiamento dei pesci, ripopolando così il mar Mediterraneo. Sembrerebbe quindi essere una scelta giusta, sostenibile, ma non mancano le critiche a questo fermo.

    
Fonte:www.instoremag.it

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Effetti del fermo biologico della pesca

Negli anni, questa misura preventiva ha avuto efficacia solo in parte, in quanto il tempo di riproduzione del pesce, per alcune specie, è più lungo di altre; la scelta è comunque sostenibile e supportata dai pescatori, ma servirebbe l’implementazione di altre misure, quali la valorizzazione della piccola pesca non intensiva, il maggiore supporto ai mercati rionali che si rifanno a loro volta al prodotto dei piccoli pescherecci e l’integrazione di nuovi metodi di pesca non a traino e più sostenibili. In questo modo, si rispetterebbe l’intero ecosistema.

Rispetto del mare

Per quanto riguarda il rispetto della terra, negli ultimi decenni si sono adottate misure e disciplinari come strumenti etici ma funzionali al mantenimento della salute del pianeta: si possono citare, ad esempio, la coltivazione biodinamica e quella biologica, che rispettano la natura, la sua stagionalità e i suoi ritmi. Questo stesso rispetto non è attuato nei confronti del mare, in quanto anche sott’acqua vi è una stagionalità ben precisa, attraverso i cicli vitali delle specie marine: queste si riproducono in periodi ben precisi e seguono rotte migratorie specifiche. Perciò, l’impatto della pesca intensiva, anche adoperando l’arresto biologico, non giova sulla sostenibilità di un’ecosistema in crisi. 

Programma FEAMPA

Il fermo biologico danneggia però le attività di pesca intensiva, che si trovano per quasi due mesi senza poter lavorare, se non in acquacoltura; pertanto, il 7 luglio 2021, il FEAMPA (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura), ha approvato un regolamento in vigore fino al 2028, che permette a quelle attività di ricevere fondi utili al guadagno, ma anche di promuovere altre metodologie di pesca (tra cui quelle sopracitate) che permettano un rispetto della ciclicità del mare, lo sviluppo dell’acquacoltura tramite pratiche sostenibili e infine la pulizia dei mari, fattore molto importante per il futuro: con la plastica ad inquinare mari ed oceani, non vi è uno stato di salute ottimale.

Verso la sostenibilità marittima

Alla fine dei conti, le attività ristorative non sono colpite dal fermo della pesca, in quanto è possibile approvvigionarsi del prodotto sia che si volesse offrire un prodotto surgelato (di altissima qualità), che un prodotto fresco nel periodo di arresto: questo è dovuto in parte alla cosiddetta piccola pesca, che esiste da secoli, è ancora attiva e si sta implementando sempre di più, come scelta naturale sostenibile per i mari e le loro creature ed etica per l'uomo.

MSC -Marine Stewardship Council - è un'organizzazione che standardizza la pesca e la catena di approvvigionamento; nel 2018, infatti, l'MSC ha introdotto a cui tutte le attività di pesca certificate devono rispondere. Le diverse attività devono dimostrare la gestione sostenibile delle risorse ittiche e sull'impatto che possono produrre sui diversi habitat; allo stesso modo, necessitano di in piano di intervento nel caso di un calo della popolazione ittica. Infatti ben il 22% dei pescherecci monitorati, oltre ad operare in maniera sostenibile, si è attivata proattivamente al fine di implementare processi di miglioramento dell'habitat ittico e risolvendo i problemi relativi alla cattura accidentale. Per l'organizzazione no profit con sede a Londra, la pesca sostenibile si attua rispettando i 3 Principi da essa progettati e verificati secondo un processo di valutazione condotto da enti certificatori indipendenti sulla base di evidenze scientifiche.

1. La pesca lascia in mare abbastanza pesci

Per far sì che la popolazione marina possa riprodursi e la pesca proseguire nel tempo, nel rispetto delle raccomandazioni scientifiche sullo stato delle risorse ittiche

2. La pesca è effettuata in modo da minimizzare il suo impatto

La pesca deve minimizzare l'impatto sull'ecosistema, consentendo a flora e fauna di prosperare

3. La pesca è gestita in maniera responsabile

La pesca deve essere quindi realizzata nel rispetto delle leggi vigenti, mutando ed adattandosi ai cambiamenti.

Per MSC, le attività che rispecchiano questi tre Principi sono considerate attività di pesca sostenibile; una volta ottenuta la certificazione, l'azienda che realizza la pesca è quindi tenuta ad implementare miglioramenti continui in maniera regolare, monitorati dall'ente esterno, andando al passo con le ultime evidenze scientifiche in termini di sostenibilità così da conservare le risorse marine per le generazioni future. É infatti 

Leggi l'articolo completo sul portale MSC

 

Fonte: pubblicitaitalia.com

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